Il segretario generale spiega il senso della collaborazione tra il SUMAI Assoprof e Federfarma volto a favorire lo scambio interprofessionale tra gli oltre 10mila medici specialisti ambulatoriali e le oltre 18.500 farmacie private aderenti a Federfarma, al fine di agevolare l’accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie erogate sul territorio. L’intervista sul sito della Federazione dei titolari di farmacia.
«La prevenzione è il cuore di tutto il progetto Sumai-Federfarma e rappresenta la chiave per migliorare la salute dei cittadini e liberare risorse importanti nel sistema sanitario che rendano sostenibile il SSN del presente e del futuro». Antonio Magi, segretario generale del SUMAI Assoprof, crede fortemente alla collaborazione volta a favorire lo scambio interprofessionale tra gli oltre 10mila medici specialisti ambulatoriali iscritti al SUMAI e Federfarma, con le sue oltre 18.500 farmacie private, al fine di agevolare l’accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie erogate sul territorio. «In Italia purtroppo si fa ancora troppa poca prevenzione, e questo accade perché, quando si devono fare dei tagli alla sanità, i primi interventi riguardano proprio questo settore con l’idea che i cittadini se ne accorgano solo trent’anni dopo, perché non c’è un riscontro immediato».
Perché è così importante favorire la prevenzione primaria legata a stili di vita salutari e quella secondaria che passa da screening su singole patologie e su fasce mirate di popolazione?
«Curare malattie che diventano croniche, molto avanzate o complesse, ha un costo molto più importante rispetto a quello che si può sostenere lavorando insieme per prevenire. Questo vale anche per gli screening che devono essere più capillari. E in futuro si potrà pensare, per alcuni tipi di patologie, anche a degli screening di massa attraverso questa rete integrata di farmacie e specialisti».
Come nasce quindi questo accordo con Federfarma? Qual è la sua valenza strategica?
«È questa esigenza di prevenzione, e da un rapporto consolidato con Federfarma, che ha origine l’intesa. Il tutto nel quadro di quello che stiamo cercando di mettere in moto per la sanità territoriale del futuro collegata anche al DM 77 che mira a non far perdere ai cittadini la prossimità delle cure e un punto di riferimento sul territorio. La diffusione capillare delle farmacie, insieme agli specialisti ambulatoriali che offrono l’opportunità di non lavorare solo in un’unica sede ma possono operare in più luoghi e muoversi verso l’esterno, rappresenta una risorsa importante. Il fatto di poter collaborare con specialisti che possano dare un aiuto importante per le refertazioni, per il teleconsulto, la telemedicina e l’assistenza in generale, ci permette di offrire quell’assistenza continua e di prossimità legata al servizio sanitario nazionale. Tutto questo avviene nel rispetto degli accordi collettivi nazionali che abbiamo, sia con Federfarma, che con la SISAC e le Regioni».
Può farci alcuni esempi concreti? Come funziona ad esempio la telemedicina attraverso le farmacie?
«Grazie a questo accordo, qualsiasi cittadino può recarsi in farmacia e attraverso la telemedicina farsi refertare e valutare gli esami da un medico. Secondo gli ultimi dati di Cittadinanzattiva oltre il 70% offre servizi di telecardiologia. Possono essere effettuati ECG, holter pressorio, holter cardiaco o altri esami diagnostici, con un referto sicuro fatto da un medico specialista certificato dal servizio sanitario nazionale. Questo garantisce al cittadino la sicurezza di avere una prestazione qualitativamente valida, perché è comunque realizzata dallo specialista. Diventa una situazione molto più agevole per i cittadini, soprattutto nei piccoli comuni e nelle zone interne. Inoltre, ci sono tutte le attività legate alle visite a distanza, dal teleconsulto alla teleassistenza. Metteremo in atto tutti insieme – Federfarma, specialisti ambulatoriali e tutti gli altri attori del sistema».
Sappiamo che il sistema sanitario italiano soffre di una carenza di figure professionali, con una popolazione sempre più anziana. Questi esempi di collaborazione tra professionalità e competenze diverse possono essere una risposta?
«Esatto. Ma non abbiamo solo un problema di carenza di personale, per una sanità di reale prossimità spesso c’è anche un problema di strutture territoriali. Avere 1.350 case di comunità, quando saranno attive, non ti dà la stessa capacità di copertura che può dare il numero di farmacie diffuse sul territorio o il supporto che possono fornire i 10mila specialisti SUMAI. Ovviamente ogni struttura ha una funzione e un peso diverso, ma dobbiamo ragionare in termini di rete e di hub e spoke».
Come si inseriscono gli specialisti ambulatoriali in questo sistema?
«Con la specialistica ambulatoriale c’è una valenza aggiuntiva molto importante. Mentre lo specialista dipendente ospedaliero lavora 38 ore dentro un ospedale, lo specialista ambulatoriale può distribuire il suo tempo: può fare 5 ore in un posto, 5 ore in un altro, 5 ore ancora altrove. Lo stesso specialista può andare una volta a settimana in un comune o in un quartiere diverso. I cittadini sanno che in quella specifica giornata della settimana trovano lo specialista fisicamente presente, oppure possono avere un appuntamento in telemedicina. Questo è il concetto alla base del nostro approccio, che permette anche di intercettare precocemente situazioni che potrebbero diventare problematiche se non monitorate».
Per concludere, come si inserisce concretamente la prevenzione in questo modello di sanità territoriale integrata?
«La prevenzione diventa il filo conduttore di tutto il sistema. Attraverso la rete di farmacie e specialisti possiamo creare un vero e proprio sistema di monitoraggio continuo e di intercettazione precoce. Non si tratta solo di curare quando la malattia è già presente, ma di individuare i segnali d’allarme prima che si affermino patologie croniche e complesse. Questo approccio preventivo, distribuito capillarmente sul territorio attraverso le farmacie e supportato dalla competenza degli specialisti anche in telemedicina, ci permette di invertire la logica del sistema: invece di aspettare che i cittadini si ammalino gravemente, li accompagniamo in un percorso di salute che costa molto meno al sistema sanitario nazionale e garantisce una qualità di vita migliore per tutti».